Ero Guro: Arte, Erotismo, Orrore

I miei video!

Ciao a tutti ragazzi e bentornati sul mio blog!
Oggi vi illustrerò una corrente che non è molto conosciuta, ma che vanta di includere alcuni degli artisti più suggestivi e dei temi più oscuri e tabù che si possano immaginare: sto parlando della corrente dell’Ero Guro.
Sviluppatosi come movimento artistico negli anni ’20, la peculiarità che rende l’Ero Guro una delle correnti più affascinanti è la combinazione di horror, erotismo e grottesco in un unico mostro che si infila sottopelle e che in silenzio scatena la propria natura su illustrazioni e quadri di sfondo orientale.

juunji ito

suehiro maruoo

Ero Guro infatti deriva dal giapponese “ero guro nansensu”, ovvero erotico e grottesco nonsense: una costante molto amata è la malformazione estrema e surreale, unita ad una vena gore e al contrasto con protagoniste delicate e maliziose, un cibo succulento per ogni creatura degli abissi.

3 ovvero erotico e grottesco nonsense una costante molto amata è la malformazione estrema e surreale

4 unita ad una vena gore e al contrasto con protagoniste delicate e maliziose, un cibo succulento per ogni creatura degli abissi.

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Molto importante infatti è la parte erotica e morbosa della corrente che ha origine dalle stampe “Shunga” del periodo Edo, ritraenti la vita del Kotaishi (principe ereditario che si dava ai piaceri erotici nel suo Palazzo di Primavera).

6 ritraenti la vita del kotaishi, principe ereditario che si dava ai piaceri erotici nel suo palazzo di primavera.

L’Ero Guro così non si limita a mostrare il lato sensuale dell’erotismo classico, ma ci svela anche il lato più scabroso o allucinante, quello della decadenza sessuale, della corruzione, e soprattutto della violenza, un tema che in questo caso si ispira soprattutto al confine fra il vero e la finzione tramite i punti di contatto con avvenimenti reali.

7 ma ci svela anche il lato più scabroso o allucinante, quello della decadenza sessuale, della corruzione, e soprattutto

8.1 della violenza, un tema che in questo caso si ispira soprattutto al confine fra il vero e la finzione tramite i punti di contatto con avvenimenti reali.

In quanto movimento chiaramente controverso e inaccettabile venne soppresso durante la seconda guerra mondiale, per poi tuttavia riapparire più forte di prima nella cultura giapponese: proprio come un mostro o un demone, che sconfitto e relegato nel fondo dell’abisso riemerge dall’oscurità con nuove oscenità da mostrare al mondo.

junji ito

Queste nuove oscenità trasmettono la repulsione ed evocano onomatopee viscide e raccapriccianti attraverso i co-protagonisti delle opere, dai rettili dal sangue freddo, agli aracnidi pelosi e velenosi, passando per le reinterpretazioni delle memetiche violenze tentacolari, che compaiono per la prima volta proprio dalle stampe Shunga e che oggi costituiscono la massima moda della cultura hentai, fino ad arrivare a mollicce trasformazioni kafkiane in millepiedi e bruchi, come nell’omonima graphic novel “Il Bruco” di Suehiro Maruo, uno dei luogotenenti di questa corrente artistica.

13 volta proprio dalle stampe shunga e che oggi costituiscono la massima moda della cultura hentai,

14.1 fino ad arrivare a mollicce trasformazioni kafkiane in millepiedi e bruchi,

Suehiro Maruo in ogni sua rappresentazione nasconde in bella vista elementi portanti del folclore giapponese come le daruma doll, le statuine votive portafortuna che vengono sconsacrate dal sangue e che assumono d’un tratto l’aspetto di un ricordo infestante, o gli sporadici elementi che ricordano mostri a noi ben comuni, che si mischiano e diventano parte delle ambientazioni da trincea o militari, attribuendo il significato di violenza presente nell’Ero Guro all’elemento della guerra e dell’orrore.

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17 attribuendo il significato di violenza presente nell'ero guro all'elemento della guerra e dell'orrore.

Suehiro Maruo dunque ci comunica il massacro attraverso il concetto di memoria storica e il protagonista delle sue opere non è tanto la mutilazione fisica quanto quella psicologica, per trasmettere l’elemento dello stress post traumatico.

Le sue rappresentazioni infatti, seppur cruente, paiono spesso velate da uno strato di rappresentazione cinematografica, come se ci fosse un meccanismo di difesa che ci impedisce di guardare oltre per rimanere indenni dall’orrore, come per razionalizzare, stipando tutto ciò che di terribile ci è capitato dietro una pellicola proiettata, dietro a ricordi dei spensierati tempi andati, nei quali la violenza era solo un brutto sogno o una finzione, che si dipingeva di luci e contrasti alla Dario Argento fondendo insieme l’espressionismo e i raggi di una bandiera ormai spenta;

Nonostante ciò però l’inquietudine non se ne vuole andare, sbuca nei posti e nei momenti più imprevisti, e seppure tentiamo di ignorarla, essa tornerà sempre, perché è parte di noi, è il trauma sotto la nostra pelle che ci porteremo dietro per tutta la vita negli abissi del nostro cervello.

25 nonostante ciò però l'inquietudine non se ne vuole andare, sbuca nei posti e nei momenti più imprevisti, e seppure tentiamo di ignorarla

26 essa tornerà sempre, perché è parte di noi, è il trauma sotto la nostra pelle che ci porteremo dietro per tutta la vita negli abissi del nostro cervello.

Questa pellicola, questo Velo di Maya color miele che Suehiro Maruo ci offre come dolce protezione dagli orrori del mondo, Junji Ito invece ce lo strappa dagli occhi.

27 lui gioca col viscido con l'inaspettato e con la paura come un elemento costante della vita umana, che non è mai irrazionale o infondata

Lui gioca col viscido, con l’inaspettato e con la paura come un elemento costante della vita umana, che non è mai irrazionale o infondata. Con lui tutto è possibile: il mondo reale è il mondo degli spiriti mitologici giapponesi, degli yokai come lo Hyakume dai 100 occhi, che incarna l’elemento di disturbo e di frenesia incessante. Ciò che Junji Ito ama più di tutto infatti è portare l’elemento del terrificante letteralmente all’ennesima potenza, moltiplicando arti, occhi, creature, bocche e brividi e riempiendo di oscurità ogni angolo delle illustrazioni per non dare spazio all’umanità, per stroncarla nelle sue emozioni e annichilirla fino a lasciarle solo la possibilità di implodere in un buco nero.

30 ciò che junji ito ama più di tutto infatti è portare l'elemento del terrificante letteralmente all'ennesima potenza, moltiplicando arti, occhi,

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32 per stroncarla nelle sue emozioni e annichilirla fino a lasciarle solo la possibilità di implodere in un buco nero.

La mente umana nell’immaginario di Junji Ito prende la forma della realtà che la circonda, di un maelstrom, un pozzo oscuro senza fondo, che ci fa cadere sempre più giù nel gorgo della follia.

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Al contrario di Suehiro Maruo, però, per Junji Ito l’insanità mentale non è qualcosa da temere, ma da incoraggiare, in quanto è la chiave per una visione più approfondita delle cose e delle loro potenzialità, per farci far pace con il fatto che prima o poi anche noi diverremo degli yokai, dei mostri, fino a tornare alla terra dalla quale siamo venuti, in un ciclo di morte, putrefazione e rinascita.

34 in quanto è la chiave per una visione più approfondita delle cose e delle loro potenzialità, per farci far pace con il fatto che prima o poi

35 anche noi diverremo degli yokai, dei mostri, fino a tornare alla terra dalla quale siamo venuti, in un ciclo di morte, putrefazione e rinascita.

Per Junji Ito la paura è un’ossessione, che si riflette in una pupilla serrata e che vaga nel bianco e nero delle vignette in cui è intrappolata, cercando un colore che non c’è, impigliata nella desolazione di ombre e luci fioche.

36 per junji ito la paura è un'ossessione, che si riflette in una pupilla serrata e che vaga nel bianco e nero delle vignette in cui è intrappolata

37 cercando un colore che non c'è, impigliata nella desolazione di ombre e luci fioche.

Altro luogotenente di questa corrente è Shintaro Kago, che dal canto suo vive in un mondo a parte, con uno stile ben definito per giocare sul contrasto fra immagini assurde e raccapriccianti e il lato infantile dei colori a matita.

shintaro kagoo

Shintaro Kago proprio come l’Enigmista di “Saw” gioca con i soggetti delle sue opere, relegati ad una prigione che costringe al divertimento, una giostra dell’orrore che confina la mente e il corpo nelle figure di bambini e bambine in balia degli eventi, a sottolineare l’innocenza e l’inermità di fronte allo scempio a cui sono destinati.

L’horror di Shintaro Kago si veste da tendenza, da harajuku girl, da bambina lolita, esponendo l’influenza delle mode giapponesi come parassiti che si insinuano nei cervelli e trasformano la struttura umana di chi apparentemente è più fragile e candido. Il suo è un mondo di caramelle e puzzle di carne, arcobaleni e pericolosi automatismi.

6.1 esponendo l'influenza delle mode giapponesi come parassiti che si insinuano nei cervelli

6.2 e trasformano la struttura umana di chi apparentemente è più fragile e candido.

Takato Yamamoto infine rompe le aspettative e rovescia la medaglia rappresentando l’horror e il grottesco non come qualcosa da cui essere disgustati, ma anzi come raffinatezza elitaria, come una prelibatezza da galateo definita da un’estetica delicata e perfino poetica, dai colori tenui e un tratto fino ed elegante.

L’Ero Guro con lui diviene una favola dei fratelli Grimm, una mitologia che si fonde fra l’oriente e l’occidente, nella quale vediamo un confine sottilissimo fra mostri e santi, e nel quale gli abomini si mostrano come un’arte di pochi eletti, concezione paradossalmente ancor più insopportabile delle esplicite opere degli artisti precedenti.

11 diviene una favola dei fratelli grimm, una mitologia che si fonde fra l'oriente e l'occidente,

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13 e nel quale gli abomini si mostrano come un'arte di pochi eletti, concezione paradossalmente ancor più insopportabile delle esplicite opere degli artisti precedenti.

Ognuno di questi artisti porta sul palmo della mano gli occhi, gli organi genitali, il cranio, le viscere, ovvero tutti quei ventri molli che possono potenzialmente covare una progenie del diavolo, ed è proprio questo che affascina e confonde dell’Ero Guro.

14 gli occhi, gli organi genitali, il cranio, le viscere,

Mentre nell’horror occidentale infatti è predominante il terrore di ciò che sta oltre la morte, fra fantasmi che ci perseguitano, scheletri e creature sovrannaturali esterne a noi, con l’Ero Guro il mostro che ci infesta è dentro di noi, è un tarlo che ci mangia da dentro, è una malformazione che ci fa perdere il controllo, è un corpo che ci spaventa poiché il male non è altri che l’uomo stesso!

17 nell'horror occidentale infatti è predominante il terrore di ciò che sta oltre la morte

20 è un tarlo che ci mangia da dentro, è una malformazione

Spero che l’articolo vi sia piaciuto e scrivetemi in un commento se vi ho fatto venire i brividi!
Se poi volete approfondire ancora l’Ero guro vi lascio i link ai libri degli artisti:
QUI la “Kagopedia” di Shintaro Kago;
QUI “Il Bruco” di Suehiro Maruo;
QUI “Brivido: Junji Ito”;
inoltre se volete sentire ulteriormente la pelle d’oca vi consiglio di andare QUI a recuperarvi il mio articolo sul Confronto fra Xue Jiye e Beksinski.
E se non mi seguite ancora su Youtube, cliccate QUI e iscrivetevi per nuovi video sull’arte ogni settimana!
Ci vediamo al prossimo artista!

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CinemArte: Terry Gilliam

I miei video!

Ciao a tutti, ragazzi, bentornati sul mio blog e se invece siete nuovi, benvenuti!
Io sono Ary e quello di oggi finalmente è un articolo (e script di QUESTO mio video) che apre una rubrica sul cinema, e in particolare sui miei registi preferiti in ambito estetico e artistico: e con chi cominciare se non con colui che ha dato vita alle risate dei Monty Python e che oggi dopo 25 anni ci ha portato il Don Chisciotte sullo schermo?

Sì, sto parlando di Terry Gilliam!

1 colui che ha dato vita alle risate dei Monty Python2 oggi dopo 25 anni ci ha portato il Don Chisciotte sullo schermo

Un Incantatore che veicola lo sguardo, un Visionario dell’Etereo Decadentismo dell’Immaginario che inserisce nella pomposità e nella permalosità delle epoche sfarzose l’elemento di disturbo, ovvero soggetti grezzi, rustici, villani e volgari che danno adito alla vergogna e la esaltano fino al ridicolo.

3 Un incantatore che veicola lo sguardo, un visionario dell'Etereo Decadentismo dell'Immaginario4 che inserisce nella pomposità e nella permalosia delle Epoche sfarzose l'elemento di disturbo5 ovvero soggetti grezzi, rustici, villani e volgari che danno adito alla
Le immagini sconsacranti sono ciò che ci fa ridere dell’Arte di Gilliam, poiché ci dà la possibilità di mandare a quel paese i tabù che ogni giorno ci vengono rinfacciati.
Gilliam questi tabù li schiaccia con un piede gigante.

5.1 vergogna e la esaltano fino al ridicolo. Le immagini sconsacranti sono ciò che ci fa ridere dell'arte di Gilliam6 poiché ci dà la possibilità di mandare a quel paese i tabù che ogni giorno ci vengono rinfacciati

Allo stesso modo la bellezza con questo regista non sta più sulla superficie della pelle, ma si riconosce nell’estetica non convenzionale, sghemba, che si esprime con figure verso le quali siamo attirati non per i lineamenti piacevoli, ma per la scintilla di follia che sta sotto, per l’eccessiva umanità che sta in quegli occhi.

7 ma si riconosce nell'estetica non convenzionale, sghemba8Estetica non convenzionale, sghemba, che si esprime con figure verso le quali siamo attirati non per i lineamenti piacevoli, ma per la scintilla di follia che sta sotto10 per l'eccessiva umanità che sta in quegli occhi.

Ogni personaggio che ci presenta Gilliam è vissuto, il suo apice è passato, e ora sta trovando il suo posto in un mondo che l’ha dimenticato.

11 Ogni personaggio che ci presenta Gilliam è vissuto, il suo apice è passato12 e ora sta trovando il suo posto in un mondo che l'ha dimenticato
Anche le figure giovani sono ormai disilluse, già cresciute, e si connettono alla nicchia di chi permane invisibile alla società, agli affetti di nanismo, un chiaro riferimento a Jodorowsky e ai gitani, che Gilliam riprende come protagonisti, come i sopravvissuti della modernità, come una tradizione che seppur morente, resiste alla novità, ancorando le radici in un carro mobile.

13 anche le figure giovani sono ormai disilluse, già cresciute,

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15 ai gitani, che Gilliam riprende come protagonisti- come i sopravvissuti della modernità16 come una tradizione che seppur morente, resiste alla novità, ancorando le radici in un carro mobile.

Quella di Gilliam è un’estetica sporcata dalla sabbia e dalla terra, dai guizzi di colore che spiccano all’occhio dello spettatore mentre le scene si riempiono di una strana sensazione morbosa, unita ad una scenografia succulenta.

18 Quella di Gilliam è un'estetica sporcata dalla sabbia e dalla terra, dai guizzi di colore che spiccano all'occhio dello spettatore19e le scene si riempiono di una strana sensazione morbosa, unita ad una scenografia succulenta

Grazie a questi elementi Gilliam gioca con lo spettatore, mischiando vari contrasti, per vedere chi guarda restare perplesso di fronte alle proprie emozioni, di fronte alla convinzione che non tutto ciò che si prova ha una spiegazione razionale o convenzionale.

grazie a 20 questi elementi Gilliam gioca con lo spettatore, mischiando vari contrasti, per vedere chi guarda20 restare perplesso di fronte alle proprie emozioni, di fronte alla convinzione che non tutto ciò che si prova ha una spiegazione razionale o convenzionale.20.1 restare perplesso di fronte alle proprie emozioni, di fronte alla convinzione che non tutto ciò che si prova ha una spiegazione razionale o convenzionale.

E questo è ciò che accade ne “L’uomo che uccise Don Chisciotte”, che ti spiazza e ti fa ridere eccessivamente, mentre al contempo ti imbarazza senza motivo e ti meraviglia con tutti i rimandi alle sue opere precedenti: il Vestito rosso di Valentina e le Carovane di “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il Diavolo”, il Cavaliere Rosso de “La Leggenda del Re Pescatore”, l’improvvisa ironia e rottura della quarta parete dei Monty Python

22 questo è ciò che fa don chisciotte che ti spiazza e ti fa ridere eccessivamente, mentre al contempo ti imbarazza senza motivo

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25 l'improvvisa ironia e rottura della quarta parete dei monty python

e la rottura della quinta, sesta parete, nel metterci dentro prima la rottura del muro fra due mezzi, quello della letteratura e della cinematografia, che diventano una cosa sola, e poi della propria realtà in quanto regista affannato alla ricerca dell’ispirazione: una ricerca che si compie dopo ben 25 anni di riprese e con un bagaglio di sfinitezza.

25.1 e la rottura della quinta, sesta parete, nel metterci dentro prima la rottura del muro fra due mezzi, quello della letteratura e della cinematografia,26 e poi della propria realtà in quanto regista affannato alla ricerca dell'ispirazione...Una27 ricerca che si compie dopo ben 25 anni di riprese e con un bagaglio di sfinitezza.

Allo stesso modo anche in “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il Diavolo” la realtà dietro al film si fa palese aggiungendo ben tre attori a sostituire d’un tratto il ruolo di Heath Ledger.

27.1 aggiungendo ben tre attori a sostituire d'un tratto il ruolo di Heath Ledger. la presenza di questi tre attori ben più famosi di Heath Ledger, fanno paradossalmente

la presenza di questi tre attori ben più famosi di Heath Ledger fanno paradossalmente sentire la sua assenza, un’assenza che è un elefante nella stanza poiché fa svanire la loro fama dietro l’aura di ricordo che Heath si è creato, esponendo il vuoto e la rottura che la sua morte ha portato.

28 fanno paradossalmente sentire la sua assenza,29 un'assenza che è un elefante nella stanza poiché

Il bello della produzione di Gilliam è proprio che non tratta la realtà e l’immaginazione come mondi distinti, ma come un’intersecazione, come una potenzialità per le sue visioni e non come qualcosa da dimenticare per far spazio a fantasie in cui rifugiarsi.

30 Il bello del la produzione di Gilliam è proprio che non tratta la realtà e l'immaginazione come mondi distinti31 ma come un'intersecazione, come una potenzialità per le sue visioni e non come qualcosa da dimenticare per far spazio a fantasie in cui rifugiarsi.luomo-che-uccise-don-chisciotte-659x439

Come nelle illustrazioni di Jacek Yerka, troviamo mondi che si connettono con il passato, o meglio realtà che divengono ciò che sono solo in virtù di ciò che hanno subito e delle trasformazioni dell’umanità che si riflettono sull’ambiente:

34 o meglio, realtà che divengono ciò che sono solo in virtù di ciò che hanno subito,35delle trasformazioni dell'umanità si riflettono sull'ambiente, sporcizia e fogli volatili ovunque

Sporcizia e fogli volatili ovunque, Dadaismo, Tecnologia, per arrivare poi alle sue incredibili animazioni che ci interrompono il flusso di pensieri e ce lo risucchiano in estasi estranianti: narrazioni grottesche e bizzarre di pochi secondi scattosi e frenetici, che con la stop-motion e con il loro trasandato look da collage risultano ancora più esilaranti e sciocche, e dunque geniali, ispirate dalle ricomposizioni di surrealisti come Max Ernst, dalle animazioni di Karel Zeman e dalla morbidezza e fluidità insita nei quadri di Dalì.

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In ogni sua animazione, cortometraggio o pellicola, Gilliam ci inonda con il profumo della Patafisica allo stato più grezzo, ma anche con una profondità devastante che si cela in bella mostra.

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Si parte dalla costante di facce giganti delle figure boschiane,

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per passare alle citazioni artistiche reinterpretate come “La Nascita di Venere” di Botticelli.

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per poi arrivare ai protagonisti delle sue storie: viandanti fisici o mentali alla ricerca di un appagamento, tutti con uno scopo insito dentro di loro, eppure irrisolto e spiegazzato, come un foglietto accartocciato abbandonato in un cassetto, su cui sta scritto il senso dell’Universo.

47 viandanti fisici o mentali alla ricerca di un appagamento48 tutti con uno scopo insito dentro di loro eppure irrisolto e spiegazzato,49come un foglietto accartocciato abbandonato in un cassetto, su cui sta scritto il senso dell'universo.

Forse quel foglietto è proprio uno dei fogli volanti e delle cartacce che riempiono le inquadrature dei film di Gilliam, che viene calpestato come tutta la spazzatura normale.

50 Forse quel foglietto è proprio uno dei fogli volanti e delle cartacce che riempiono le inquadrature dei film di Gilliam51che viene calpestato come tutta la spazzatura normale.

Nel notare tutti questi aspetti il concetto di collage emerge spontaneo, proprio come nelle animazioni, e ci fa sentire lo stacco fra una ripresa e l’altra volutamente, rivelando che sono esse stesse un insieme caotico di collage, di fantasie insolite e difficili di natura che coronano perfettamente le inquadrature, dalla penombra giallastra all’atmosfera bluastra degli ambienti futuristici, ai volti deformati oppure esaltati dalla terra di siena bruciata, che vogliono farti domandare se sia un cerone palesemente teatrale oppure l’euforia del personaggio che prende posto sulla pelle e si mostra in tutta la sua trasparenza.

53rivelando che sono esse stesse un'insieme caotico di collage, di fantasie insolite e difficili di natura54che coronano perfettamente le inquadrature, dalla penombra giallastra,55all'atmosfera bluastra degli ambienti futuristici,55AIVO~1

Particolarmente interessante e quasi un suo stampo di fabbrica è la sua scelta di applicare alla scenografia delle piastrelle a scacchi, per velatamente ricordarti che si sta giocando al gioco preferito del Diavolo poiché ogni film di Gilliam è una partita a scacchi: si subodora come a volerti ricordare che è tutto un gioco sì, ma un gioco che può avere delle conseguenze devastanti per i soggetti in questione: una partita che provoca e attira consapevolmente il demonio, che rivela l’azzardo e la dipendenza dal rischio per ritrovarsi faccia a faccia con qualcosa di maligno da scacciare, per scendere a patti, per toccare il fondo fino a vendere l’anima, per poi risalire strategicamente, riuscire a salvarsi e perché no, fare uno scacco matto.

56Particolarmente interessante e quasi un suo stampo di fabbrica è la sua scelta di applicare alla scenografia delle piastrelle a scacchi57 per velatamente ricordarti che si sta giocando al gioco preferito del diavolo poiché ogni film di gilliam è una partita a scacchi58si subodora come a volerti ricordare che è tutto un gioco sì, ma un gioco che può avere delle conseguenze devastanti per i soggetti in questione59una partita che provoca e attira consapevolmente il demonio,che rivela l'azzardo e la dipendenza dal rischio60per ritrovarsi faccia a faccia con qualcosa di maligno da scacciare,61 per scendere a patti, per toccare il fondo fino a vendere l'anima,63per poi risalire strategicamente, riuscire a salvarsi e perché no, fare uno scacco matto.

La catastrofe nei film di Gilliam diventa un’emozione, quella sensazione di quando ti senti cadere dalle nuvole quando credevi che tutto stesse andando bene: è una tragedia che ti legge, è solo una storia sullo schermo.
Eppure ti pare la fine del mondo.

64quella sensazione di quando ti senti cadere dalle nuvole quando credevi che tutto stesse andando bene65è una tragedia che ti legge, è solo una storia sullo schermo… Eppure ti pare la fine del mondoMatt Damon - Lena Headey

Poi tutto si risolleva in un modo o nell’altro, per olistico intervento, e tu torni a ridere pensando a quanto sei stato sciocco e drammatico nel tuo giudizio.
Ma dopotutto non è esattamente questo che accade in ogni nostra vita?

66 Poi, tutto si risolleva in un modo o nell'altro, per olistico intervento,68 Ma dopotutto non è esattamente questo che accade in ogni nostra vita

Grazie per aver letto il mio articolo, ci tenevo a scriverlo specialmente dopo aver visto “L’uomo che uccise Don Chisciotte”, che vi consiglio davvero davvero caldamente di guardare in quanto è un film letterario nel vero senso della parola, e il finale taglia la tela, ma non solo quella del cinema, anche quella del libro del Don Chisciotte e quella di tutta l’arte.
Il film poi è piaciuto così tanto a me e Rick che abbiamo anche fatto un video recensione sul suo canale, potete recuperarlo QUI.
QUI potete acquistare un libro per approfondire l’Arte di Terry Gilliam e inoltre vi consiglio di andare a guardarvi il videotributo del canale di Jeremy Mullins al Cinema di Terry Gilliam!
Fatemi sapere sotto al MIO VIDEO qual è il vostro film preferito di Terry Gilliam, il mio è sicuramente “Parnassus: L’uomo che voleva ingannare il Diavolo”!
Questo era il primo articolo sull’Arte del cinema e noi ci vediamo al prossimo regista!

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L’Arte di Hieronymus Bosch

I miei video!

Ciao a tutti, questa è la trascrizione del video “L’Arte di Hieronymus Bosch” che trovate sul mio canale Youtube!
Vi consiglio di accompagnare la visione delle opere di questo artista con una musica rinascimentale, magari anche un po’ cupa e sinistra, ma se volete osare, io trovo che questo artista vada a braccetto con lo stile del ‘Brown Album’ dei Primus!

***

Il pittore non deve dipingere quello che vede, ma quello che si vedrà.
(cit. Paul Valéry)
Il mondo di oggi non ha senso, perché dovrei dipingere quadri che ne hanno?
(cit. Pablo Picasso)
Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.
(cit. Erasmo da Rotterdam)

“Ciao a tutti e bentornati sul mio canale!
Io sono Ary e quest’oggi dopo avervi parlato di artisti di nicchia quali Kay Nielsen, Jack Vettriano e Sammy Slabbinck, sono qui per parlarvi di un artista molto discusso nell’ambito dell’arte e dell’immaginazione di cui in molti mi avete chiesto di parlare, nonché uno dei miei artisti preferiti: Hieronymus Bosch!
Sappiamo che era olandese, sappiamo che nacque nel 1453 in una famiglia di artisti e sappiamo che la religione fu una parte fondamentale della sua vita.
Un visionario controverso, un pittore satirico, un amante del grottesco; queste definizioni non bastano a capire chi effettivamente Bosch fosse, possiamo solo affidarci alle sue pennellate.

E’ attraverso le sue opere infatti che vediamo la personalità nuda e cruda dell’uomo che era Bosch. Niente è ciò che sembra: non lo è Bosch e non lo sono le sue creazioni, che se da lontano possono sembrare un ordinario dipinto Rinascimentale incentrato sulla propaganda di una certa religione, da vicino sono molto di più.

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Lo sguardo si ipnotizza frammenta e sparpaglia fra tutte le minuscole e preziosissime figure che abitano il chiassoso immaginario di Bosch: formichine, Lilipuziani e mostriciattoli si ammucchiano in un’infinità di popoli in preda alla frenesia di fronte alla vastità del mondo che li circonda.

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Con ‘Il Giudizio Universale’, Bosch condanna la società: una società logora, meschina, orribile; la stessa società che si dimostrò crudele e intollerabile verso la diversità del mostro del dottor Frankenstein, la stessa che nasconde il proprio autoritratto in soffitta per paura di vedervi la propria anima che invecchia e marcisce.

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Nei suoi quadri Bosch rappresenta il mondo con una risata fragorosa.
Che ironia, che buffo: è la società il vero mostro senza anima. E Bosch è il dottor Frankenstein, il pittore del ritratto di Dorian Grey.

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Bosch è l’uomo dietro le quinte che lascia il sipario spalancato per lasciar parlare i suoi prolissi e grotteschi quadri alle generazioni passate, presenti e future.
Provocatrici di sdegni e di emozioni contrastanti, di ribrezzo e di meraviglia, di due facce della stessa medaglia, le opere di Bosch si ribellano ai tabù e sfoggiano ciò che i contemporanei di questo artista preferirebbero tacere.

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Mondi patafisici, dalla piccante ironia, immagini fantasiose ed esagerate.
I colori vivaci e pimpanti fanno capolino nell’oscurità, nell’inquietudine dei luoghi e delle forme mutilate di animali, oggetti, mutanti.

 

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Realtà alternative o forse no?
Qui i Santi si mischiano ai peccatori, La venere di botticelli passeggia con le creature del film ‘Labyrinth’ mentre il quotidiano va a braccetto con l’assurdo.

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Religione ed eresia gridano insieme, una più ridicola dell’altra.
Si tratta di un mondo alla fine, ma anche di un mondo agli albori, è una matrioska di utopie dentro a distopie: un futuro popolato dagli Eloi e dai Morlocchi di Wells: un mondo nuovo.

WELLS ELOI

WELLS MORLOCCHI

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Tutto è il mostro di tutto e ogni cosa è lo specchio di molte altre cose.
Queste opere ci dicono più dell’artista di quanto lui stesso avrebbe potuto dirci.
Le sue parole sono state spese tutte lì, fra una pennellata color senape e un buffo omuncolo con la musica scritta sui glutei. Sono queste opere che creano l’artista, più che il contrario.

OMUNCOLO CON MUSICA SUI GLUTEI

Ogni scena è la frammentazione di piccole personalità che si creano costantemente dentro alla mente di Bosch e dentro di noi: dentro di noi c’è quella creatura che ha sempre fame, così fame che si mangerebbe la propria famiglia;

COSì FAME CHE SI MANGIA LA FAMIGLIA

c’è il pesce, che si palesa ogni qual volta ci viene il singhiozzo a forza di aprire le branchie;

PESCE COL SINGHIOZZO

c’è il gufo, che chiede aiuto con lo sguardo perché è a disagio in mezzo alle altre persone;

GUFO ANTISOCIALE

c’è la ragazza che è attratta dal ragazzo malvagio.

RAGAZZA INNAMORATA MALVAGIO

Che ci piaccia o no, di fronte al ‘Giudizio Universale’, i nostri occhi e le nostre menti si riconosceranno sempre in ciò che Bosch dipinge.
Ogni dettaglio, ogni minuscolo elemento delle sue opere, che sia della nostra specie o che sia folletto, rospo, o comodino, fa parte della nostra frenetica personalità, della nostra umanità.

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Se volete approfondire ulteriormente l’Arte di Hieronymus Bosch, vi consiglio in primis questo libro/galleria d’arte sull’artista e in secundis il celeberrimo e folle Codex Seraphinianus di Luigi Serafini, maestro della patafisica, che in questo manuale sfoggia creature, sensazioni e storie di tutti i colori, che Bosch avrebbe sicuramente adorato.
Come sempre se siamo riusciti a incuriosirvi complimenti a Geronimo e *pat pat* a me.”

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