Se anche tu ami gustare una storia con gli occhi, qui sotto troverai tutti i fumetti che mi sono stati gentilmente inviati da Saldapress, che ha nutrito la fame di mitologia e fantasia che avevo palesato con i miei disegni di Inktober (DESIGN presenti nel mio NUOVO SHOP ONLINE!)
Ecco la mia recensione a tutte le graphic novel! Guardala e scegli quale ti piace di più:
Se ami la mitologia, dalla favola fatata più classica all’orrore degli zombie ai tempi delle Crociate, fra odissee spaziali e guerre fra vichinghi e alieni, dai un’occhiata a questi fumetti:
Una storia divertente e dallo stile rustico che racconta di un ritrovamento insolito nel mezzo di una battaglia fra vichinghi. Che sia un segno di Odino?
E se la famosa epidemia chiamata “morte nera” non fosse una comune peste? E se invece fosse la prima infestazione di non morti su suolo sacro? Gli ex crociati della Fiat Lux se lo stanno domandando.
Acquerelli e una luce calda ti tranquillizzano in un viaggio pieno di domande. Le domande sono quelle di Brindille, che non ricorda da dove viene, né sa quale sarà il suo destino.
Molto spesso da spettatori tendiamo a percepire l’artista come qualcuno che ne sa di più della gente normale, un veggente che dall’alto del suo terzo occhio ci dona la sua visione, irraggiungibile dalle menti di noi comuni spettatori. Oggi vi porto un artista che dimostra quanto faccia ridere questo mito, che non ha mai voluto chiamarsi artista e che anzi ha passato la sua vita nel tentativo di sentirsi tale.
Un eterno perfezionista ed enorme fan di Rembrandt, che se lo vedi sembra il giusto compromesso fra un Sherlock Holmes furbo e arzillo e un Tolkien dallo sguardo malinconico, un cantastorie che con le sue illustrazioni ha fatto prendere vita al Saturday Evening Post, un Maestro dell’Età dell’Oro dell’Illustrazione. Sto parlando di Norman Rockwell.
America, una nazione giovane, che ha fatto del Sogno la sua missione.
Un Sogno Americano che è una favola dorata, un popolo di Hobbit che vive la pace e la semplicità di ogni giorno e che tramite lo stile di Rockwell assume la perfezione di una casa delle bambole.
È con questa perfezione che traspare la fragilità dei personaggi- talmente idilliaci da poter essere di porcellana: basta toccarli con un dito per sconvolgere il loro mondo, che proprio in quanto nuovo ha bisogno di stringere a sé tradizioni, farle proprie e non lasciarle più. Perché si sa che se si molla la presa dal terreno, le radici ancora acerbe potrebbero venire sradicate, dimenticate, spazzate via dal vento del cambiamento.
Rockwell incornicia la realtà vintage nella quale vive e la rende un Brand, con espressioni esasperate e teatrali ed emotività che vanno oltre il ragionevole.
Ci contagia fra risate e shock, fra dramma e canti allegri, fra una pubblicità per la Coca-Cola e un’altra per i cereali Kellogg’s, trasmettendo la dipendenza dalla nuova prosperità degli anni ’50 come una vera e propria febbre che prende spazio fra le lentiggini delle giovani donne, sui nasi rubicondi dei pater familias, e che non risparmia nemmeno le guance euforiche dei più piccoli. Questo è un tratto fondamentale di Norman Rockwell.
Ogni inquadratura è una cartolina proprio come vuole apparire lo spirito americano, composto dalle Quattro Libertà che Roosevelt decanta, fatto di progresso e virtù, perfezionismo dalla prima portata di tacchino arrosto fino al dolce, indugiando in siparietti comici, perché concedersi di apparire un po’ più goffi permette di dimenticare i pensieri più cupi e rende tutti più felici.
Lo stile di Rockwell ci comunica calore, un talento familiare, lo stesso sentimento che proviamo quando sfogliamo un vecchio album di foto, o quando guardiamo il film “La vita è meravigliosa”.
L’elemento segreto di Rockwell è la tolleranza (ironicamente, la stessa che non ha mai avuto per se stesso come artista).
E’ una storia che si racconta da sola, che si dispiega davanti ai tuoi occhi pur restando immobile: le espressioni si trasformano da un apparente entusiasmo ad una profonda tristezza nel giro di pochi secondi esaltando la profondità delle emozioni semplici.
Rockwell ti dà l’impressione di una superficialità che intrattiene per poi suggellare sottopelle qualcosa che è tutt’altro che superficiale.
I messaggi non sono rimproveri, sono invece finestre che mostrano l’ingenua volontà con la quale compiamo certe scelte.
In ogni inquadratura c’è un evento importante che è al suo apice: può essere una tragica scoperta da parte di un bambino o la partenza di un giovane che vuole rendere orgogliosi i propri genitori: non c’è malizia, solo il desiderio di essere ascoltati.
Questo pensiero è proprio di Norman Rockwell, e ce lo fa percepire fra le tele, nel non dipinto, nell’etereo silenzio.
Questi sbalzi emotivi fra momenti e rassicuranti e momenti bui sono proprio la firma di Rockwell. In essi descrive le rumorose mancanze della sua vita: descrive un’infanzia rubata, passata in solitudine nella grigia New York dando sfogo al bambino che corre nella campagna spensierata.
Dipinge la demotivazione in sé stesso, il desiderio di essere all’altezza delle proprie aspettative ironizzando sulle sciocche insicurezze tipicamente umane. Proprio per questo quello che dipinge si chiama Realismo Romantico, perché è il sogno della realtà che avrebbe voluto vivere, ed è così che tramite la sua pittura Rockwell esaudisce il suo sogno americano.
Poi, qualcosa cambia.
Luci colorate, risate, e poi, il silenzio.
Calore, ricchezza e giubilo eccheggiano ancora, Ma il silenzio predomina.
Quelli che prima erano ritratti di innocenza e spensieratezza, di nostalgia e vita semplice, fanno percepire i tempi che cambiano, la politica che si immischia: Ruby Bridges che attraversa il cortile della scuola e Norman che spacca il confine fra ciò che gli Americani vogliono vedere ed essere e la realtà.
Con lui la guerra diventa personale, diventa lo sguardo di chi è impotente dinnanzi agli eventi, diventa la storia riscritta da un paesino sperduto, vissuta da chi resta a casa e cerca di sdrammatizzare anche quando ogni ricordo di calore e pace viene messo a rischio: diventa un nuovo ricordo di unione nella difficoltà, di sostegno e perdono nella fragilità.
Diventa il coraggio di sorridere ancora, nonostante tutto, e dare nuovo significato al proprio sogno americano.
Spero che questo artista vi sia piaciuto, e anche se non ha mai voluto definirsi tale, cosa che fa ridere e che però fa rendere conto di quanto umano e fragile fosse Rockwell stesso, lui era ed è un Artista e un Maestro. Voi cosa ne pensate? Fatemelo sapere e se l’articolo vi è piaciuto *pat pat* a me e lui!
Ci vediamo al prossimo artista!
PER APPROFONDIRE L’ARTE DI NORMAN ROCKWELL: QUI trovate il libro “Norman Rockwell – Behind the Camera”; QUI trovate “My Adventures as an Illustrator” di Norman Rockwell;
Se vuoi contribuire al mio progetto divulgativo puoi spedirmi un libro! QUI trovi la mia Wishlist Artistica di Amazon:
Hai bisogno di un logo, di un disegno digitale o di una maglietta dipinta a mano?
Scrivimi a derizzo.arianna@gmail.com con i dettagli della tua richiesta. Ti contatterò al più presto.
L’uomo ama costruire, e tracciare strade, è pacifico. Ma da che viene che ami appassionatamente anche la distruzione e il caos? (Fëdor Dostoevskij) Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento. (Antico proverbio cinese)
“Ciao a tutti e bentornati sul mio blog!
Io sono Ary e in questa mia prima rubrica voglio approfondire con voi degli artisti di nicchia spettacolari; artisti di nicchia di tutti i tipi: da pittori a scultori, da fotografi ad artigiani!
L’artista di cui voglio parlare oggi è molto particolare: è un inventore, un archeologo, uno scovatore o meglio SCAVATORE di tesori nato in Illinois nel 1974: Brian Dettmer!
Con Brian Dettmer il quotidiano cambia significato, la banalità volta pagina e si trasforma in innovazione, in un’arte inaspettata.
Tutto scorre, tutto si piega, aggroviglia, assottiglia, tutto si trasforma in un Paese delle Meraviglie fatto di carta, taglierino e sorpresa: sorpresa per noi e anche per Brian Dettmer, un artista che presta le sue mani alle storie ignaro di cosa queste lo porteranno a creare.
Scavando le pagine di antichi libri o perfino di cassette, enciclopedie, mappe, come un vero e proprio archeologo, Brian Dettmer fa riemergere reperti e gemme andati perduti o magari mai scoperti prima: è un Cristoforo Colombo della materia che tramite significati nascosti e reinterpretazioni rizomiche fa respirare a degli oggetti morti l’aria di un secolo nuovo, un secolo in cui si può rendere immortali solo attraverso la distruzione.
Una volta gli scultori prendevano il marmo, lo modellavano e da ciò che era semplicemente pietra estrapolavano un Dio, un Imperatore.
Brian Dettmer al contrario prende i libri e sfata il mito della loro intoccabilità e della sacralità che li costringerebbe a restare una cosa sola per l’eternità.
Ma in fondo il mondo può solo cambiare nel momento in cui i pezzi vengono rigiocati: il mondo è cambiato quando la testa di Maria Antonietta è stata staccata dal corpo, e questo l’ha resa immortale. Brian Dettmer cambia la nostra percezione sugli oggetti, li incastra e li trasforma in paesaggi rendendoli più umani degli umani stessi.
Ogni anfratto, ogni cunicolo da cui si sporge un volto o un aforisma, mostra quanto la distruzione sia un’arte effimera e delicata, così come lo sarà la costruzione che la sostituirà in seguito, a creare dunque un circolo vizioso in cui il tempo, la vecchiaia e il divenire antico perdono la loro autorità sulla vita e sulla caducità delle narrazioni.
Tutto ciò che importa con Brian Dettmer è comporre nuove e infinite storie con cui riempire l’universo nei secoli dei secoli.
Se volete approfondire questo artista fantastico vi consiglio di acquistare il libro sulle sue opere “Art Made from books” e di guardarvi il suo TED talk, in cui espone la procedura dei suoi lavori e le sue considerazioni.”
Ricordatevi di condividere l’articolo o il video se vi è piaciuto e se volete sentirmi parlare di un particolare artista scrivetemelo in un commento!