Perché ho scelto di dipingere l’inquietante coniglio Frank di Donnie Darko?
Perché indossarlo?
“28 giorni, 6 ore, 42 minuti, 12 secondi” : quando si tratta di profetizzare la Fine del Mondo, questo coniglio è impeccabilmente puntuale (non come quello sprovveduto del Bianconiglio!).
Con il Carnevale che si avvicina, Frank è pronto a scendere nelle piazze per terrorizzare grandi e piccini con le sue orbite spettrali, ma anche per divertirsi, apparendo dinnanzi alle persone di colpo e sparandogli coriandoli in faccia fino a soffocarle.
E anche se il suo costume non è quello carino e coccoloso di un coniglietto di Pasqua, è sicuramente meglio di uno stupido costume da uomo.
Nome T-shirt: “Frank the Rabbit” Colore: Setacolor opaque white Tessuto: cotone Fonte: https://i.pinimg.com/originals/b9/e4/5c/b9e45c3457726b5faf9cfa023fe7e729.png
“Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.” (George Bernard Shaw) “L’arte ci consente di trovare noi stessi e di perdere noi stessi nello stesso momento.” (Thomas Merton) “L’arte deve confortare il disturbato e disturbare il comodo.” (Banksy)
“Ciao a tutti ragazzi e bentornati sul mio blog!
Oggi ho scelto di rivelarvi il mio artista preferito in assoluto: un espressionista austriaco nato nel 1890, pupillo di Klimt, dalla vita breve e malinconica riempita tutta con l’intensità e la passione per l’arte: Egon Schiele.
Il primo impatto che si ha con le figure muscoli e ossa di Egon Schiele è una sensazione di disagio, di sinistra inquietudine che ci mostra come il viaggio nell’anatomia dei suoi quadri potrà cambiarci e potrà cambiare l’esperienza che abbiamo di noi stessi.
Proprio per questo Schiele non è per tutti.
E’ l’incontro perfetto fra psicologia e pittura, lo scontro con dei traumi della propria personalità che magari non si vogliono accettare o che non si conoscevano nemmeno.
E’ un’esperienza inusuale questa perché lo stesso viaggio che fa lo spettatore, l’ha fatto e continuerà a farlo lo stesso Egon Schiele attraverso le sue pennellate.
Siamo di fronte alla fusione fra arte e persona, fra un lato della medaglia che dipinge l’altro e viceversa. Egon Schiele è un artista che si costruisce man mano che l’opera prende vita.
Ed è così che la tela prende il posto dello specchio.
Di fronte ad essa non possiamo che rabbrividire, incuriosirci, spaventarci, meravigliarci, di tutto ciò che non sapevamo di essere.
Dentro le opere di Schiele c’è lo spettro stesso della esistenza umana, della sessualità, promiscua o repressa che sia.
E’ l’esperienza di un corpo da percorrere in ogni senso.
Ma la cosa che più sorprende dei soggetti di Schiele è il modo in cui li dipinge.
Dall’anatomia bislacca e bizzarra, che sembra sottintendere una lotta interiore che si riflette sul corpo. Un’anatomia apparentemente impossibile, tutta contorta, in posizioni scomode e circondate da un aura di deperimento meccanico.
L’aggressiva spigolosità dei movimenti si contrappone ai costanti vuoti che Egon lascia lì, abbandonati a loro stessi, come le costanti mancanze che avvertiamo nel nostro profondo.
Mancanze che Schiele rende finalmente visibili, proprio come la pelle dalle molteplici impronte.
Essa è sporcata dai tocchi, dalle ferite, e dalle avventure che si accumulano giorno dopo giorno nelle nostre vite.
Impronte invisibili nella realtà degli altri, ma vivissime dentro di noi.
Impronte che per Egon rappresentavano una vita composta di traumi e tristezza, ma che riflettevano anche l’anima della Secessione Viennese, una possibilità per gli artisti, di un’arte che rappresentasse l’epoca, travolta dal tumulto dei cambiamenti.
Ed è proprio grazie a queste impronte che i personaggi di Schiele sono così attaccati alla vita, sempre sull’orlo di una nevrosi, sempre alla ricerca di un nuovo baratro al quale sfuggire, a una nuova mente affollata da svuotare.
I quadri di Schiele sono lo sguardo oltre l’apparenza di tutti i giorni.
I soggetti di Schiele non hanno occhi, ma sono Occhi. Sono sguardi nostalgici e melanconici che si lanciano oltre la finestra della propria percezione, nel vuoto della massa.
in una società tutta ammucchiata, basata sul confronto e sulle relazioni, Schiele mostra l’altro, colui che si esclude, per mettersi alla sola ricerca di se stesso.
E’ un’isolazione che mette a disagio chi la guarda sebbene colui che la abita si senta a casa.
Gli occhi sono calmi mentre il corpo scalpita e si contorce, mostrando il potenziale di ogni muscolo, lembo di carne, per ricordarci che vive ancora, che nonostante tutto sente ancora il battito del proprio cuore, e questo è un pensiero incoraggiante.
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Perché ho scelto di dipingere un Mr Miguardi in preda alla disperazione esistenziale? Perché indossarlo?
Quando l’entropia ti prende per il verso sbagliato e la vita ti scombussola i piani, c’è un amico blu sempre pronto a condividere le frustrazioni con te.
E’ soffice, gaio, sopporta bene le vessazioni, è sempre pronto a darti dei consigli giusti pur di morire e dissolversi nel nulla ed è GRATIS! Un vero affarone, signore e signori del Multiverso!
Ci sono ovviamente delle controindicazioni come per esempio il fatto che *cough cough* potrebbe ucciderti *cough cough blargh* UN VERO AFFARONE STAVO DICENDO!
Adotta anche tu un Mr Miguardi e quando lo indossi lascia da parte i problemi più seri!
Nome: “Existence is PAIN“ Colore: Setacolor opaque black, red and cobalt blue Tessuto: cotone
(nella foto: Io) (per ordinare la tua t-shirt o per ulteriori informazioni scrivimi all’e-mail: derizzo.arianna@gmail.com)